Donne, imparate a dire basta. L’intervista ad Annaluce Licheri per LetteraDonna.it

Quote rosa? Una vergogna. Dobbiamo sganciarci dalle logiche maschili. Parola di avvocato.

di Carolina Parma

Sulla discussione legata alle quote rosa scoppiata in questi giorni in Parlamento e rimbalzata sui media nazionali non ha dubbi Annaluce Licheri, 42 anni, avvocato specializzato in diritto civile, consulente del network Prontoprofessionista.it e collaboratrice del Centro psicologico di Roma per la tutela del femminile: «Se ancora stiamo parlando di quote rosa vuol dire che in Italia c’è un grosso problema culturale. Ancora di più visto che è stato chiesto di votarle in segreto».
Domanda: Perché?
Risposta: Perchè è assurdo dover discutere di parità tra generi in uno Stato dove esiste una carta costituzionale che già garantisce la parità tra i sessi. Se accade vuol dire che le donne sono costrette dagli uomini a farsi notare e a lottare per avere i propri dirtti. E questo è semplicemente vergognoso.
D: Ma se Forza Italia ha sostenuto che le quote rosa non sono costituzionali…
R:
Non è assolutamente vero. Basta leggere la Costituzione Italiana per rendersene conto. Al di là dell’art. 3, numerosi sono gli articoli dove si parla di meritocrazia. Poi si sa sono gli uomini che devono rispettare e far rispettare le normative.
D. La solita storia delle leggi che esistono ma che poi non vengono rispettate insomma.
R.
Esattamente. Nel diritto gli strumenti per garantire l’uguaglianza di genere esistono. Ribadisco. In questo caso in più abbiamo a che fare con un problema culturale.
D. Non è che gli uomini sotto sotto hanno un po’ paura delle donne?
R
. Sicuramente e nemmeno tanto sotto sotto.
D. Come mai?
R
. È sempre un problema culturale del resto basta vedere come sono fatti i giornali per donne e per uomini per rendersene conto.
D. In che senso?
R.
Se apro una rivista femminile e analizzo le tematiche trattate nei diversi articoli mi rendo conto che una donna deve saper cucinare, badare ai figli, occuparsi della casa, vestirsi alla moda, truccarsi al meglio, deve avere un corpo tonico e deve essere una buona lavoratrice.
D. E se ne apro una maschile?
R. Mi rendo conto che all’uomo si chiede di avere una buona immagine, di essere un conquistatore, un buon amante e di fare carriera, di avere successo nella vita e nel lavoro.
D. Dunque?
R.
Dunque si evince che una donna che vuole lavorare e fare carriera non può essere accogliente e dolce perchè altrimenti diventa automaticamente debole. Deve per forza di cose assumere atteggiamenti maschili diventare aggressiva, competitiva. Quindi per forza facciamo paura perché se all’uomo leviamo la carriera e l’immagine che gli resta?
D. Ci vedono come antagoniste insomma…
R.
Si certo. E non va dimenticato che l’uomo viene educato a essere aggressivo fin da piccolo, mentre la donna per natura viene educata a usare il suo istinto. Non a caso Honoré de Balzac diceva che l’istinto della donna equivale alla sagacia degli uomini.
D. Sembra che siano anche un po’ invidiosi…
R.
Lo sono sempre stati, fin dall’antichità. Il mito di Zeus che avrebbe mangiato la sua sposa Meti, già gravida di Atena per poter partorire lui, la dice lunga in proposito.
D. Allora non abbiamo speranze?
R
. Non ho detto questo. Prima o poi ci sarà una rivoluzione culturale. Bisogna solo far capire che ci sono donne che possono getire bene posizioni di comando e di potere.
D. Ma se ancora oggi in Italia le donne ai vertici di aziende sono un risicato 13%…
R.
Il punto è che spesso alle donne viene chiesto di fare un passo indietro per garantire il ruolo al maschio. Ma siamo noi che dobbiamo iniziare a dire basta. Basta a essere giudicate solo dal punto di vista estetico. Basta a essere etichettata come l’amante del capo se faccio carriera. Basta a essere classificata come leggera se un giorno ho voglia di andare in ufficio in minigonna e tacchi a spillo.
D. Spesso però sono le donne a dare questi giudizi…
R.
In parte è vero. Ma non credo come si legge a volte che le donne non raggiungano posizioni apicali perché incapaci di fare squadra. Anzi lo sono molto più degli uomini e fin dai tempi dall’antica Grecia. Basti pensare al gineceo.
Solo che non viene messa nelle condizioni di fare squadra all’intero delle aziende visto che le si chiede sempre di essere competitiva.
D. Sono gli uomini che ci mettono nelle condizioni di non fare team?
R.
Esatto. La maggior parte degli uomini al comando di imprese sono strateghi che hanno fatto del divide et impera il loro motto gestionale.
D. Cosa fare per cambiare le cose?
R.
Il cambiamento deve partire dalle donne che devono imparare a sganciarsi dalle logiche maschili e sentirsi libere di portare la femminilità nella aziende, nella politica, nella società. E poi ci deve essere un cambiamento culturale.
D. A partire da?
R.
Dall’educazione. Il nucleo familiare, l’esempio dato dai genitori alle giovani generazioni in questo è fondamentale, insieme ai media: Tivù, giornali e pubblicità.

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