M’ama, non m’ama. Ma io, mi amo?

LA TRAPPOLA DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA

Quando un legame diventa oppressivo, può insorgere una vera e propria “dipendenza affettiva”, disagio che alimenta spesso altre problematiche psicologiche, fisiche e relazionali. L’amore diviene una “droga”quando si cercano conferme da una persona sfuggente, non disponibile, e idealizzata per la sfiducia in noi stessi; è uno stato affettivo che si instaura in “coppie disfunzionali”, ossia in contesti relazionali in cui in genere uno dei partner mostra segni di dipendenza verso l’altro. A tal proposito, un recente studio elvetico- statunitense individua in due strutture cerebrali i siti per l’elaborazione del desiderio sessuale e la trasformazione dello stesso impulso verso il sentimento di amore: l’insula e il corpo striato, quest’ultimo interessato anche nel meccanismo di astinenza da sostanze (Cacioppo, Pfaus 2012), come ad avvalorare la tesi dell’analogia tra tossicodipendenza e sentimento d’amore. Una particolare forma di dipendenza affettiva è quella che è stata definita “co-dipendenza” e che è stata inizialmente osservata nei contesti relazionali legati alla vita di coppia di alcolisti o tossicodipendenti, associati alla focalizzazione delle proprie attenzioni ed energie sui bisogni e comportamenti di un partner dipendente da sostanze o da altro. Il partner del co-dipendente è una persona maltrattante che, nella maggior parte dei casi, perpetua comportamenti già vissuti nell’infanzia in un ambiente familiare intriso di violenza e per questo non considerato un problema da parte della compagna. Quindi, la donna che subisce, giustifica il maltrattamento perché avendolo subito lo trova una forma di riconoscimento affettivo. I soggetti più vulnerabili alla dipendenza affettiva risultano le donne e in generale persone che hanno anche vissuto abusi o maltrattamenti, mediamente provenienti da famiglie trascuranti o negligenti sul piano emotivo. Nel complesso influiscono anche la cultura d’appartenenza, che porta ad accettare passivamente quello che accade tra le mura domestiche. I dati dicono che una donna maltrattata su due lascia il proprio compagno, quindi solo una donna su due è in grado di riprendere in mano la propria vita e di voltare pagina. Secondo le testimonianze portate da coloro che hanno vissuto relazioni costrittive o, all’estremo, subito maltrattamenti, ciò che induce una donna a non lasciare il partner è la paura della solitudine e dello smarrimento di fronte alle innumerevoli prove della vita, il pensare di non valere nulla senza l’aiuto dell’altro, a cui si aggiungono nei casi peggiori le minacce di ripercussioni da parte del partner. La paura dell’abbandono si riconduce spesso ad episodi traumatici o a relazioni affettive precarie instaurate con le figure d’accudimento, che le donne tendono a rivivere nella relazione duale, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato (Miller D., 1994): in tal modo spesso abbandonano l’immagine indipendente per vestire i panni della donna di casa e di famiglia. L’amore dipendente tende ad assorbire completamente chi ne soffre, deprivando progressivamente la persona di stimoli e richiedendo sempre maggiore concentrazione di energie e sottomissione ai desideri della persona designata, con conseguente ritiro sociale. Via via che si carica di queste coloriture, il rapporto d’amore non può più sussistere, diventa piuttosto una sorta di lotta di potere, di cui ne fanno inevitabilmente le spese troppe donne.Cosa si può fare per uscirne? Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamente l’ammissione di avere il problema (spesso, paradossalmente, è la “speranza” che fa sopravvivere il dubbio e che tende a cronicizzarlo). Ci si può avvalere del supporto psicologico individuale, a volte può essere necessaria una psicoterapia, ma ciò che è certamente utile per velocizzare e stabilizzare i miglioramenti è il confronto in gruppo. Per rielaborare la paura dell’abbandono, occorre familiarizzare e comprendere le origini di tale stato d’animo e provare ad accoglierlo, riassegnando nuovi significati allo stare da soli e quindi imparando ad apprezzare i momenti di riflessione. Dunque, per quanto doloroso e sofferto possa essere lasciare un compagno maltrattante o ad ogni modo distante e inaccessibile, è importante prendere consapevolezza dell’essenza della relazione e tornare a vivere accettando di essere sole, ma al sicuro.

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