Pedofilia e inconscio istituzionale nella chiesa

L’estendersi degli scandali sui preti pedofili indica la diffusione del fenomeno più di quanto sembri o di quanto si sia voluto far credere. Il problema però va ben oltre, essendo profondamente radicato nell’inconscio istituzionale della Chiesa, dove la pedofilia è in primo piano. Nonostante affermazioni di principio e scuse esplicite per le secolari offese alle donne, inquisizione e roghi compresi, la struttura della Chiesa resta gerarchicamente e irriducibilmente patriarcale. La contraddizione esplosiva consiste però nel fatto che di fronte a uno sbandierato, sperticato sostegno alla Vergine Maria, al suo culto e alle sue capacità di mediazione con Dio, alle donne è negato il potere di transustanziare, ossia di trasformare il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Gesù. Maria, che ha portato nel proprio corpo il Cristo, non ha il potere di eseguire il rito sacramentale che lo richiama in vita, ricreandolo simbolicamente per nutrire i fedeli. Le sue mani non possono trasformare il reale in immaginario, il finito in infinito, cosa che qualsiasi prete maschio, può fare. Questa negazione crea una pesante ipoteca sui processi di simbolizzazione delle donne, legittimando una immagine di castrazione che a suo tempo la psicoanalisi ha avallato, e sanciscedogmaticamente, quanto arbitrariamente, la loro inferiorità rispetto al maschio, a differenza di altre religioni che contemplano poteri femminili veramente forti e temuti, come la dea Kali. L’assenza nella nostra cultura di potenti figure femminili dato che quelle esistenti sono state progressivamente depotenziale, da Nix la notte, che lo stesso Zeus temeva, a Ecate, alle Moire, lascia un incolmabile vuoto simbolico, per cui tutta la rabbia, risentimento delle donne per millenni di oppressione, non trovando alcuna realizzazione simbolica, diventa sofferenza psichica che le investe insieme a chi le circonda. La strega, la fattucchiera, la seduttrice sono poca cosa rispetto al potere di Lucifero, che, nonostante la caduta, condivide la stessa origine del dio che l’ha sconfitto. Una associazione fatta essenzialmente di maschi, per i quali la donna tanto idealizzata, da un lato, come madre, da un altro rappresenta la tentazione della carne – e in ultima analisi il male, il Diavolo – non può avere che un atteggiamento di paura rimossa verso il femminile. Da qui un vissuto distorto,compensatorio per il contrario di cìò che viene negato: il maschile, attraverso un processo che la psicoanalisi chiamerebbe formazione reattiva (passaggio all’opposto). Ecco allora idealizzata una Trinità tutta patriarcale che nei millenni ha sostituito le antiche Trimurti, le Grandi Madri del passato, ecco la religione del figlio, nella quale alla donna è lasciato solo un ruolo ancillare. Ma l’imperdonabile peccato di orgoglio, di onnipotenza della Chiesa che governa il mondo, non solo senza, ma contro l’altra metà del cielo, ha provocato e continua a provocare sofferenze terribili. Questo atteggiamento non può essere corretto perché le valenze erotiche e simboliche del patriarcato sono incrementate a dismisura dall’autoconferma, l’autoreferenzialità, derivante dalla frequentazione di gruppi solo maschili. Detto esplicitamente, la negazione del femminile è la principale responsabile della pedofilia inconscia della Chiesa. Contro questo nemico interno la Chiesa si accanisce inutilmente fuori di sé, perchè altrimenti dovrebbe mettere in questione il proprio patriarcalismo, misoginia, la rigida gerarchia verticale che la governa. E qui c’è l’altro punto focale del problema. L’inconscio istituzionale della Chiesa gronda di pedofilia, come i miliardi spesi per risarcire le vittime dei preti pedofili in tutto il mondo stanno a dimostrare. Ma perché il patriarcalismo porta alla pedofilia? Innanzitutto per la predilezione per il figlio, il bambin Gesù, carica di aspetti psicologici eccessivamente idealizzati, e di valenze erotiche rimosse. In secondo luogo, nelle istituzioni religiose, in mancanza di donne, i maschi, adulti o bambini che siano, vivono con particolare vicinanza ai sacerdoti, alla loro solitudine spesso intollerabile, creando facilità di rapporti, di qualsiasi rapporto. Inoltre, a livello profondo, potrebbe entrare in gioco la compensazione di sentimenti paterni, inattuabili a livello individuale, nel senso che visto che i sacerdoti non possono avere figli carnali, possono guardare con occhio particolare i bambini come figli negati, per cui lo sguardo può pervertirsi in desiderio pedofilo. Non è facile avere solo figli spirituali. Ricordiamo infatti che, secondo recenti ricerche, le madri riconoscono i figli al tatto, non con l’odorato come si pensava prima. Il toccare è allora fondativo del riconoscimento, dell’identità che passano attraverso la corporeità: proprio ciò che la Chiesa continua a negare. Ma non si possono negare gli istinti invano, l’io non può ergesi superbamente a loro signore, altrimenti la purezza si rovescia nel suo contrario e la negazione diventa la mano che forsennatamente, in modo coatto, irresistibile, cerca il corpo del bambino, per sconciarlo, gesto contronatura che non può che sostituire lo stupro alla carezza. Finché i principi etici della Chiesa di Roma saranno improntati al più rigido patriarcalismo, negazione dell’eros, divieto ai sacerdoti di sposarsi, è inarginabile una profonda distorsione, una incoercibile spinta alla pedofilia. In ultima analisi, forse, ciò che più terrorizza la Chiesa, credo, è l’immagine di una donna sul trono di Pietro, con tutta l’imprevedibilità che ciò potrebbe rappresentare a livello pratico e simbolico. Oggi che, tra l’altro, si sta discutendo di femminicidio, è indispensabile riflettere in modo aperto e spregiudicato su tutti gli aspetti che svalutando la donna, il femminile, concorrono a favorirlo. Dopo tremila anni di patriarcato, i cui scempi – nei corpi dell’uomo, della donna, dei bambini, come nella terra, in cielo e nelle acque – sono presenti agli occhi di tutti, lasciamo, oggi, che sia Cristo a decidere se vuole incontrare Afrodite. Non solo avremmo meno preti pedofili, ma, sicuramente, saremo tutti più felici.

di Paolo Tranchina e Maria Pia Teodori

fonte: Fogli d’Informazione, psichiatria, psicoterapia e istituzioni n. 21-24 2012

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